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Classe 5 A

Coordinamento didattico : prof.ssa G.Marcaccio

 

Il film “Apocalypse now”, ambientato durante la guerra del Vietnam, è liberamente tratto dal libro del 1902 “ Heart of darkness” di Joseph Conrad, ambientato in Congo durante il periodo coloniale di fine 1800.Coppola riprende il tema dell’incontro tra due culture differenti per denunciare il colonialismo occidentale.

 

Regia: Francio Ford Coppola

Interpreti:
Martin Sheen, Marlon Brando,
Robert Duvall, Laurence Fishburne,

Tennis Hopper e Harrison Ford
Anno: 1979
Produzione:USA
Musiche:
”La cavalcata delle valchirie” di R.Wagner e “The end” dei The Doors

IL VIAGGIO VERSO L’ALTRO DA SE'

L’allegoria del viaggio si dipana tra due poli: il primo è rappresentato dall’etica falsa (poiché mirata a giustificare la guerra e lo sterminio ) declamata dai militari americani che investono Willard della missione omicida nei confronti di Kurtz. Il secondo polo è appunto Kurtz, nella sua opera di negazione di ogni falsa moralità. I due poli sono distanti non solo concettualmente, ma anche “fisicamente”: il primo si trova nella società civile, benché sconvolta dalla guerra del Vietnam; il secondo si trova nella giungla selvaggia ed inestricabile. La distanza spaziale tra questi due poli permette la narrazione del viaggio.
A percorrere questa distanza è il capitano Willard, personaggio-funzione, in quanto egli è utile alla comprensione dell’intero film. Egli, infatti, non ha certo le caratteristiche tipiche di un personaggio-carattere: è riflessivo e silenzioso( la sua voce si presenta, fin da subito, come la voce dell’autore, prima ancora che del personaggio), non è simpatico né antipatico, ha doti di umanità ma è spregevole ad un tempo, quasi fosse una maschera; i suoi silenzi ed i suoi sguardi quasi mai carichi di affettività, non permettono allo spettatore un processo di immediata identificazione con il capitano.
Il regista sceglie di visualizzare il punto di vista di Willard attraverso il suo sguardo stupito ed attonito che, per mezzo di una serie di primi piani intercalati nel montaggio delle scene, proietta il proprio sconcerto sull’atroce ed assurdo spettacolo della guerra. Noi vediamo costantemente il riflesso di quello spettacolo sul suo volto (si torna dunque al concetto di personaggio-funzione).
Willard sembra assolvere ad un compito di carattere allegorico: è la cultura umana che, risalendo il fiume Lung, risale se stessa, depurandosi delle proprie scorie, lungo un percorso che, da un lato, appare privo di soluzioni di continuità; dall’altro simboleggia un viaggio iniziatici diviso in sequenze che corrispondono agli stadi di abbandono della morale, o della civiltà, verso il recupero di una dimensione collettiva inconscia e primordiale.
Tale viaggio disegna anche un’importante riflessione del protagonista (Willard) su se stesso, sul suo rapporto con “la dannata guerra”, sul concetto di casa e sulla sua profonda solitudine.

Claudia Galli VA

 

L’INCONTRO CON L’ALTRO

 A mio parere la scena più significativa del film è l’incontro tra Willard e il capitano Kurtz. Willard viene portato all’interno di un tempio: angoscia, odore di malaria e morte affiorano nella mente di Willard. Egli si rende conto di trovarsi alla fine del fiume. Nel film è sempre presente il rumore dei tamburi: un rumore pesante e incessante che provoca angoscia e disperazione nell’animo di Willard. Egli, una volta entrato nel tempio, non riesce mai a vedere il volto del capitano per i giochi di luce e ombra sempre presenti. Una cosa che mi ha colpito è stato il rapporto di superiorità tra il semplice soldato Willard e il Kurtz. Lo si nota anche dal modo di rispondere di Willard, che, alla fine di ogni risposta, ripete sempre «Si, Signore!».
Un altro elemento significativo è lo sgocciolare incessante dell’acqua; Kurtz, durante l’interrogatorio, si lava la testa con l’acqua: un atto di purificazione che cerca di cancellare l’orrore che porta dentro di sé.

Giulia Candi VA    

APOCALYPSE NOW: UNA CRITICA ALLA CIVILTA' OCCIDENTALE

Stavo  nelle forze speciali. Siamo andati in un accampamento per vaccinare dei bambini. Andiamo via dal campo, dopo averli vaccinati contro la polio..quando un vecchio ci raggiunge correndo, non riusciva a parlare. Allora torniamo al campo. Quegli uomini avevano mutilato a tutti quei bambini il braccio vaccinato. Stavano lì ammucchiate. Un mucchio di piccole braccia. E mi ricordo che io ho pianto, ho pianto. E a un certo punto ho capito…e mi sono detto: O DIO, che genio c’era in quell’atto, che genio. La volontá di compiere un gesto come quello. Perfetto, genuino, completo, cristallino, puro. Allora ho realizzato che loro erano più forti di noi. Perché riuscivano a sopportarlo. Non erano mostri, erano uomini. Avevano un cuore, avevano famiglie, avevano bambini, erano colmi d’amore. Ma avevano avuto la forza…la forza di farlo.”

Queste sono le parole pronunciate da Kurtz nel dialogo che intraprende con Willard dopo che quest’ultimo, dopo una lunga ricerca, era riuscito a trovarlo.
Ho scelto questa sequenza perché sono del parere che in queste parole si possa ritrovare il senso dell’intero film, la causa della pazzia di Kurtz e una sottile critica al colonialismo americano.
All’inizio di questa scena, Kurtz si concretizza nella visione del suo cranio rasato e luccicante nell’oscuritá , mentre con la mano lo deterge con piccole quantitá d’acqua.
Queste piccolezze nei gesti e nelle immagini conferiscono giá di per sé alla scena un enorme tensione.
Comincia in questo modo una sorta di dialogo tra i due e la veritá sulla pazzia di Kurtz viene svelata..Kurtz racconta di un episodio di quando si trovava nelle forze speciali americane. Erano andati a vaccinare gli indigeni del sud, imponendo loro in questo modo la propria cultura. I Vietkong non possono fare altro che ribellarsi e tagliano ai bambini ogni braccio vaccinato. In un primo momento Kurtz piange, e prova stupore di fronte a tanto orrore.
In seguito peró qualcosa in lui comincia a cambiare e ritrova in quell’orrore che all’inizio lo avava disgustato, un contenuto morale.
I Vietkong infatti hanno agito in vista della loro identità comune. Come egli stesso dice, loro non erano mostri, ma uomini con un cuore, delle famiglie e dei bambini. Quello che li distingueva da noi peró era che agivano secondo un metodo e che in loro c’era una consapevolezza, al contrario dei soldati americani i quali agivano solo per eseguire un ordine, molto spesso senza conoscerne il perché. Come lo stesso Willard a cui Kurtz rivolge le seguenti parole: “  Lei è un galoppino mandato quí dal droghiere  a incassare i sospesi.”
Kurtz quindi riconosce la moralitá degli indigeni ed entra cosí in una nuova realtà, diversa da quella in cui ha vissuto fino ad ora, riscoprendo l’orrore dentro di sé.
Si immedesima quindi negli indigeni ritrovandosi in uno stato primitivo, primordiale e perdendo cosí la sua identitá di uomo civilizzato. A differenza degli indigeni peró, Kurtz supera i confini del male, aspirando quasi al divino,e comincia a vivere secondo le leggi della giungla e dell’orrore, che non è piú quello morale degli indigeni, giustificato dallo scopo della difesa della loro identitá, ma è un orrore non piú governato dalla ragione e sconfinato dai limiti della razionalitá.
Kurtz crea un esercito primordiale con un umanitá persa. I suoi uomini sono totalmente sottomessi e plagiato da lui, e confusi  non agiscono piú in vista di un obiettivo comune.
In questo modo Kurtz ha ucciso migliaia di persone in nome della propria causa, in realtà in nome della propria alienazione, e quindi non rimane che ucciderlo. Uccidendo Kurtz la civiltà occidentale smaschera se stessa.

Carlotta Vitulli VA

APOCALYPSE NOW: UNA CONDANNA DELLA GUERRA

“Apocalypse Now” è molto più che un film: è un viaggio nella pazzia, un’autentica esperienza interiore, una discesa negli inferi della guerra e dell’animo umano, dove il capitano Willard è il Caronte-traghettatore di se stesso, della propria anima che deve condurre sino a Kurtz che per tutto il film è una presenza sinistra che aleggia sul viaggio. Affronta il comportamento umano davanti all’orrore non solo di una guerra, ma di un’intera condizione di vita. La pazzia ha un ruolo dominante: è pazzo un ufficiale che fa intervenire l’aviazione solo per liberare una spiaggia adatta al surf, è pazzo l’inviato che fotografa la guerra, è pazzo (e lo si nota già dalla prima scena) lo stesso Willard.
Il racconto del viaggio attraverso i meandri di un fiume che spacca il terreno di guerra è la metafora che raccoglie l’intero film. Un film che apre un varco profondo su tematiche alte come esistenza e libertà. Addentrandosi nel fiume, nella profonda giungla, Coppola ci trascina non solo nell’inferno vietnamita (più sussurrato e subdolo) ma anche nell’inferno delle sensazioni, dei dubbi, delle rivelazioni e della coscienza. Il regno cambogiano di Kurtz è allucinante, fuori dal tempo, macabro con tutto il sangue e i corpi della gente sacrificata. La “caccia” di Willard al disertore rappresenta un viaggio nella conoscenza della paura, una missione per esorcizzare, forse, la propria.
“Apocalypse Now” è un film ancora tragicamente attuale. Perché un film sull’orrore, proprio nel senso suggerito da Kurtz: orrore della guerra sull’uomo, dell’uomo in guerra, dell’uomo sull’uomo. Attualità della guerra e dell’orrore di tutte le guerre, di oggi e di sempre.  

Gianluca Amatori VA

IL FETORE DELLE MENZOGNE
Questo film è un atto d’accusa al neoimperialismo americano nel mondo.
Il viaggio di Willard, lungo il fiume per risalire alla sorgente dove incontrerà Kurtz, è allegoria del viaggio interiore dell’uomo occidentale alla ricerca delle cause del male, dell’orrore, dell’inconscio che la razionalità non è in grado di gestire.
Kurtz, ormai privo di un’identità, perché non più portatore di civiltà, rappresenta l’orrore delle guerre, la menzogna, ma soprattutto la capacità di una cultura di mentire su ciò che realmente accade e di come riesca a dare una parvenza di moralità alle atrocità compiute. La follia, l’ipocrisia che ha portato gli USA alla guerra in Vietnam è ben visibile nei personaggi del capitano Kilgore e del colonnello Kurtz. Entrambi si muovono nel conflitto come in un gioco, ribadendo l’importanza della vittoria e l’imposizione della propria supremazia: Kilgore soddisfatto di aver desertificato una collina ,che odorava di vittoria, dopo ore di combattimenti; Kurtz in primo piano con la scritta rossa “Kill them all”.
Il colonnello Kurtz assume un ruolo importante di denuncia verso l’orrore che egli stesso ha creato, emblema dell’orrore della guerra, l’orrore della menzogna, “il fetore delle menzogne” che gli USA, come tutto l’occidente imperialista, dicono pur di imporre la propria supremazia, il proprio progetto egemonico e neocolonialista fondato sulla discriminazione del credo e del diverso…
Il film termina con una scena ripresa dall’inizio;l’ apocalypse, l’orrore, now, adesso, la fine ora…

Lucia De Luca V A